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2. Il machine learning

Il machine learning


Molto probabilmente vi sarà capitato di imbattervi in questo termine, troppo spesso erroneamente utilizzato come sinonimo di intelligenza artificiale.


Il machine learning è una branca dell'IA che ha come obiettivo quello di permettere alle macchine di "imparare" dai dati che ricevono, ecco la definizione data da ORACLE sul proprio sito:


"Il Machine Learning (ML) è un sottoinsieme dell'intelligenza artificiale (IA) che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano. Intelligenza artificiale è un termine generico e si riferisce a sistemi o macchine che imitano l'intelligenza umana. I termini machine learning e IA vengono spesso utilizzati insieme e in modo interscambiabile, ma non hanno lo stesso significato. Un'importante distinzione è che sebbene tutto ciò che riguarda il machine learning rientra nell'intelligenza artificiale, l'intelligenza artificiale non include solo il machine learning."


Attualmente il machine learning è uno degli argomenti considerati interessanti dal grande pubblico per il semplice fatto che sta alla base dello strumento di intelligenza artificiale più conosciuto: i chatbot AI.


Effettivamente l’impatto del machine learning è rivoluzionario:


Nella programmazione tradizionale, gli algoritmi, semplici o meno, vengono generati da programmatori che indicavano alla macchina delle istruzioni ben precise.

Le possibilità di azioni e le soluzioni utilizzate per risolvere un problema dipendono da ciò che il programmatore ha scritto nel proprio codice.


Il machine learning utilizza un metodo differente: si predispone nella macchina la capacità di apprendere dai dati senza dover esplicitare le istruzioni.


Il machine learning utilizza due principali approcci di apprendimento: quello supervisionato e quello non supervisionato.


Nel primo caso il ricercatore "guida" l'apprendimento utilizzando un set di dati già organizzato comprensivo di coppie input-output sulla base dei quali è possibile istruire la macchina affinché questa sia in grado di sviluppare un algoritmo sempre più preciso. Con l’approccio supervisionato, abbiamo una chiara idea di quale output ci aspettiamo e la fase di training è centrale per far sì che la macchina riceva informazioni per poi fornire il risultato.

Nel secondo caso la macchina agisce senza l’utilizzo di etichette preesistenti, ricevendo dati non organizzati, raggruppandoli.

L'approccio non supervisionato è più complesso nel senso che non sappiamo che tipo di risultato riceveremo dalla macchina sulla base dei dati, si lascia che sia la macchina ad individuare delle somiglianze tra determinati gruppi di dati. Ciò significa che con questo specifico approccio la fase di training non viene utilizzata proprio perché non abbiamo idea del risultato che uscirà fuori dai dati grezzi che abbiamo somministrato.


Esiste, tra le altre possibilità, anche l’apprendimento per rinforzo, un particolare metodo che prevede un premio quando vengono svolte delle specifiche azioni che vogliamo “incoraggiare”.

Questo metodo potrebbe ricordare molto l’addestramento di un cane che viene ricompensato con un biscotto quando riporta la palla oppure quando nei videogiochi si ricevono delle ricompense per aver svolto azioni specifiche.


In tutti i casi continua ad esistere un intervento umano, cosa che diventa pian piano sempre meno necessaria quando si parla di deep learning, una sottobranca del machine learning che utilizza “reti neurali” cercando di imitare il cervello umano, attraverso il deep learning è possibile individuare degli schemi all’interno di una grandissima mole di dati.


Le capacità del machine learning sono senza dubbio affascinanti e, allo stesso tempo, allarmanti.


Prendiamo ad esempio il gioco del GO, un gioco da tavolo orientale molto complesso.

Al fine di realizzare un IA in grado di giocare ad alti livelli Google sviluppa Alpha go Master, un IA addestrata attraverso i dati relativi a milioni di partite di GO di professionisti e giocatori amatoriali.




L’intelligenza artificiale AlphaGo Master, creata per giocare al gioco Go, capace di battere il miglior giocatore umano di Go nel 2017 è stata battuta per 100 giochi a 0 da AphaGo Zero, un’intelligenza artificiale che era stata addestrata da autodidatta simulando tra se e se il gioco senza aver mai ricevuto i dati di partite giocate da esseri umani.

Questo incredibile risultato è stato raggiunto nell’arco di 40 giorni in cui, giorno e notte, AlphaGo zero ha continuato a giocare partite su partite contro se stessa attraverso una forma di reinforcement learning.


Come abbiamo potuto notare, attraverso il machine learning la curva di apprendimento di una macchina diventa sempre più corta e al contempo la qualità dell’insegnamento diventa sempre più efficiente.


Attualmente GPT 4 è approssimativamente 10 volte più intelligente di Chat GPT 3.5.

Il fatto che GPT 4 abbia raggiunto il percentile di 90 nell’Uniform bar exam (in media solo il 10% dei partecipanti ha fatto meglio di GPT 4) - ovvero il test per l’abilitazione alla professione di avvocato è sicuramente indice di una importante svolta.

Approfondiremo il tema lavorativo nelle prossime sezioni.


Attualmente è importante concentrarci sulla risorsa alla base del machine learning e dell’intelligenza artificiale in generale: i dati.


Per rendere possibile alle macchine di imparare è necessario un gran numero di dati, tuttavia spesso dimentichiamo che i dati siamo noi.

Ogni volta che leggiamo notizie sul web, facciamo acquisti online, utilizziamo i social, ci iscriviamo ad una tessera fedeltà o, in generale ogni volta che condividiamo i nostri dati più o meno consapevolmente stiamo, potenzialmente, arricchendo dei dataset già molto consistenti che potrebbero essere utilizzati dall’intelligenza artificiale.


In questo senso l’intelligenza artificiale è lo specchio dell’umanità proprio perché i dati siamo noi questo significa che come l’AI influenza le nostre vite anche noi possiamo influenzare l’AI, attraverso un comportamento etico.

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